tempo di ferie, tempo di pulizie per la mia libreria. Vecchi appunti, articoli, giornali vengono controllari con occhio critico e cestinati miseramente. Proprio durante uno di questi riassetti, familiarmente definiti "alla Attila" (dove passo io non cresce più niente, così dicono i miei familiari),scovo una vecchia busta arancione con alcune vecchie foto delle classi elementari: alcune dei vari carnevali ed una foto ricordo della terza.
Classe terza A femminile, quaranta bambine dai fiocchi rossi e grembiuli neri, codini storti,code di cavallo e cerchietti tra i capelli. Seconda fila accucciate, mi vedo: due occhi troppo timidi ed un abbozzo di sorriso, quanto avrei dato per essere un po' più disinvolta”!!!
Il mio sguardo sale sino alla prima fila, in piedi sulle sedie, seconda da destra la vedo: un pulcino spennacchiato, un sorriso birichino, due occhi vivacissimi…..un vero e proprio Gian Burrasca in gonnella!
Quella foto è l’essenza stessa della mia Betty.
Compagne dalla terza elementare alla maturità, lei proveniente da una distinta scuola religiosa, io da una piccola scuola di montagna, un’amicizia immediata e protratta nel tempo.
Flash improvvisi si accavallano nella mente:
Betty sempre al primo banco sotto la cattedra…..troppo vivace, troppo “copiona”. Betty che telefona disperata “ non riesco a capire come fare quest’accidenti di assonometria, posso venire?”.Betty che arriva in sella al suo vecchio motorino, cappellino e poncho peruviano, tubo da disegno tecnico sulle spalle,guanti di lana senza dita e clark. Betty che allarga il foglio sul tavolo della sala e mi guarda sconsolata. Betty senza mai un filo di trucco, anche quando tutte noi compagne, quasi diciottenni, riuscimmo ad ottenere il permesso per un po’di mascara ed il lucidalabbra. Betty sempre sorridente anche nei momenti di sconforto scolastico. Betty ed io sempre pronte a darci una mano a vicenda.
Inevitabilmente l’università, con le scelte diverse, allontana le persone, ma capitava di incontrarci sul treno delle 6.30 : io x qualche esame di medicina, lei qualche lezione in palestra all’ISEF.
Betty che improvvisamente incomincia a cambiare, non più insegnante di ginnastica, ma di sostegno per bambini disabili, un cambiamento lieve eppure costante.
Per un po’ di tempo ci perdiamo di vista, lei il suo lavoro in montagna, io le prime sostituzioni di medico di base.
Poi, improvvisa, una telefonata: “ciao, mi faccio suora…di clausura”
Non è possibile! Non lei, non la mia esuberante, incontenibile compagna di scuola! “perché??” “perché è quello che desidero”
Un anno senza poterla vedere né scrivere, le lettere vengono tutte controllate dalla madre superiora. Poi la possono vedere solo i parenti, poi anche gli amici…ma io non riesco.
Non riesco a scriverle, non riesco ad andare a trovarla, non riesco a vederla dietro una grata, non riesco a pronunciare né a scrivere il suo nuovo nome.
Arrivano i voti perpetui, vuole che sia presente, vuole avere vicino alcuni dei suoi vecchi compagni: non si può non andare.
La giornata è splendida ed il lago d’Orta è un picolo gioiello, solo posando lo sguardo sul convento dell’isola di San Giulio mi si blocca il respiro.
Entro in chiesa ed è come tornare nel 1500 e risfogliare il libro sulla storia di Suor Maria De Leyla, la monaca di Monza. Il coro delle suore sembra ultraterreno, hanno voci angeliche e molte di loro sono così giovani!
Quando la vedo entrare avvolta nell’abito monacale, la pelle così traparente stento a riconoscerla. Con voce serena e sicura pronuncia i suoi voti, il sacerdote solleva mostrando a tutta la platea l’abito perpetuo. Mi guardo attorno, la gente è felice, prega per loro, è troppo per me: scoppio in lacrime e scappo!.
Esco di corsa da quel luogo dove mi sento soffocare, non voglio sentire i miei ex compagni, prendo il primo battellino e ritorno alla mia auto.Sola al volante, posso sfogarmi liberamente mentre le immagini della mia vecchia Betty si susseguono a ritmo frenetico nella mente.
Lo so che dovrei essere felice per lei, per aver trovato la sua strada, ma non ci riesco. Come può non sentire il sento di soffocamento che da’ la sola idea di rimanere chiusa in un posto per sempre? Come si può rinunciare alla libertà ? come si può accettare di non fare mai più di testa propria?Come si può accettare che qualcun altro cambi anche il tuo nome,segno di annullamento del tuo essere unica, per cui non sei più Betty ma solo e sempre “suor ……”?Penso che non riuscirò mai ad accettarlo, ma so anche che così, con la mia fuga, ho perso l’ultima possibilità di stringerla tra le braccia e dirle che sarà sempre e solo la mia unica, meravigliosa, folle, carissima Betty.
26 agosto, 2007
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